THE WISE BABY, rivista del rinascimento ferencziano, è organo della Società Italiana di Psicoanalisi e Psicoterapia “Sándor Ferenczi”.
Società Italiana di Psicoanalisi e Psicoterapia Sándor Ferenczi SIPeP-SF
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Presentazione del Vol 5 n°01 del 2022
Editoriale di CARLO BONOMI
Il saggio riempie innanzitutto una circoscritta lacuna storiografica relativa al breve training che il giovane Freud fece a Berlino, nel 1886, con il pediatra Adolf Baginski, subito dopo gli studi a Parigi con Charcot. Freud era neurologo e fece questo training perché gli era stato offerto un incarico in un policlinico pediatrico di Vienna. Manterrà poi l’incarico di responsabile del dipartimento neurologico (leggi malattie nervose) per 10 anni, fino al 1896, l’anno in cui viene coniato il termine “psicoanalisi”. Questo istituto sarà chiuso e distrutto in seguito all’Anschluss. Il documento più importante che ci è rimasto è un libro del 1938 (Hochsinger, 1938) che celebra i suoi 150 anni di vita: allora era il più antico “ospedale” per bambini nel mondo. Per esempio ci dice che il numero di visite per anno era passato da 6000 circa nel 1886 a 17.400 nel 1898, ma le preziose cartelle cliniche che ci avrebbero potuto raccontare molto dei primi dieci anni di lavoro del padre della psicoanalisi son andate distrutte. Le informazioni più significative rimaste di questo periodo pre-analitico, sono quindi proprio quelle relative al breve training pediatrico di Freud con Baginsky (Bonomi, 2002a, 2002b, 2005).
Per quanto possa sembrare strano, data la quantità immensa di studi su Freud, nessuno si era fino ad allora interessato a questa specifica esperienza; nemmeno Albrecht Hirschmüller, ossia lo storico per eccellenza di Breuer e Freud come “medici”. Quando al simposio dei 100 anni della psicoanalisi presentai oralmente la relazione alla base del presente saggio, Hirschmüller mi confessò candidamente che l’unico rilievo critico che gli era stato mosso in sede di discussione della sua tesi di dottorato fu proprio il fatto di aver trascurato quella specifica esperienza formativa. Curiosamente, non rimediò nemmeno in seguito, e questo apre il secondo fronte d’indagine che risuona nel titolo: perché, appunto, abbiamo “ignorato” il Freud “pediatra”?
La mia risposta è perché Freud sminuì o fece sparire ogni significativa traccia di tale impegno, al punto che nessuno tra i suoi biografi o studiosi ha considerato rilevante il fatto che Freud lavorò con i bambini per ben 10 anni, gli anni decisivi. Eppure, nel mondo pediatrico ripudiato da Freud si ritrovano una serie di elementi che ci sorprendono e che ci illustrano bene il contesto da cui prende forma la cosiddetta “scoperta” della sessualità infantile. Il saggio poi si sviluppa attorno a questo buco biografico, che via via si trasforma in un “disturbo della memoria” e in una lacuna nella teoria, sollevando domande e interrogativi che saranno ripresi in molti miei lavori successivi. Questo scritto ha infatti segnato l’inizio di una ricerca sui fondamenti e la trasmissione della psicoanalisi che è durata per tre decenni.
Il secondo articolo, che viene qui pubblicato con il titolo “Cura o punizione? Contraddizioni e paradossi nell’incontro di Freud con la pediatria”, è uno studio sul cambiamento di paradigma che avviene negli ultimi due decenni dell’Ottocento, e che segna profondamente non solo il mondo della pediatria, ma anche il pensiero di Freud. Esso è stato originariamente pubblicato, con il titolo “Paura”, come secondo capitolo del libro Sulla soglia della psicoanalisi. Freud e la follia del bambino (Bonomi, 2007), in cui avevo raccolto buona parte dei miei studi di storia della mentalità attorno ai temi dell’infanzia, della paura e del dolore utili a comprendere la fondamentale rottura di Freud con il senso comune. Questo libro non è più in commercio ma, questo capitolo in particolare speciale, amplia, articola e arricchisce il tema del “Freud pediatra”. La nuova versione è stata rivista per evitare ripetizioni e per semplificare alcuni passaggi.
Con il terzo lavoro oltrepassiamo la “soglia” ed entriamo nel vivo del discorso psicoanalitico. S’intitola “L’abisso del controtransfert. Commento a ‘Freud pediatra’” ed è stato scritto appositamente per questo numero speciale. Il titolo riprende le parole che Ferenczi usa nel Diario clinico quando espone la sua visione dell’abbandono della teoria del trauma reale da parte di Freud. Nella visione che Ferenczi aveva maturato in 24 anni di vicinanza con il maestro, ciò era infatti avvenuto nel momento in cui “l’abisso del controtransfert” si era spalancato dinnanzi al padre della psicoanalisi. Questo titolo funge anche da filo conduttore per riassumere gli interrogativi aperti dal saggio su “Freud pediatra” e le risposte che si sono profilate nei successivi trent’anni di ricerca. In particolare, funge da ponte tra l’incontro di Freud con la pratica della circoncisione delle bambine (taglio della clitoride e delle piccole labbra) nel corso del suo training pediatrico e l’incontro, dieci anni dopo, di Freud con una paziente di trent’anni che era stata circoncisa da bambina.
Il quarto lavoro è un’anteprima. Si tratta della traduzione in italiano dell’Introduzione al mio ultimo libro, Brief Apocalyptic History of Psychoanalysis: Erasing Trauma (Breve storia apocalittica della psicoanalisi. Cancellare il trauma) che è in corso di pubblicazione presso Routledge. La tesi che vi è esposta è che, per ragioni culturali e personali, Freud non fu in grado di riconoscere la natura traumatica di questa “Beschneidung” (circoncisione), la quale suscitò comunque in lui una angoscia profonda, mescolandosi con la propria circoncisione, gli echi di un ambiente violentemente antisemita e il suo conflitto con il proprio padre proprio in merito alla circoncisione. Non solo, ma la reazione emotiva di Freud, il suo controtransfert verso questa paziente che era stata circoncisa da bambina (Emma Eckstein), è individuato come il fattore principale della nascita della psicoanalisi. Infine, sostengo che questo trauma cancellato è iscritto nel sistema di pensiero di Freud come un lascito amputato da cui germoglieranno e fioriranno i sogni, le fantasie e i pensieri dei discepoli più intimi di Freud. In particolare, Sándor Ferenczi, allievo e confidente di Freud, contribuirà a riparare questo lascito amputato, ponendo così le basi per una rifondazione della psicoanalisi.
Il tutto ebbe inizio nel 1992, con l’uscita del primo volume della corrispondenza Freud-Ferenczi (in francese; in inglese venne pubblicato un anno dopo, e poi via via nelle altre lingue). Allora fui particolarmente colpito dalla lettera che Ferenczi aveva scritto a Freud il 26 dicembre 1912, per chiedere al maestro di entrare in analisi con lui (ciò che avverrà soltanto quasi due anni dopo) e dai sogni che vi sono riportati. Uno di questi sogni era praticamente un’immagine: un piccolo pene tagliato e scorticato, eppure ben eretto, servito su un piatto con forchetta e coltello. Questo sogno Ferenczi non lo analizza ma lo disegna. Che strana comunicazione!
Subito pensai: questo non è un sogno di castrazione, ma bensì un sogno sulla castrazione, in quanto bastione e dogma della teoria freudiana. Inoltre, mi apparve come il punto di partenza di una delle più potenti “fantasie scientifiche” di Ferenczi, Thalassa, in cui il pene eretto è descritto come il monumento vivente di una grande catastrofe degli inizi. Di quali inizi? E di quale catastrofe? Era possibile che Ferenczi avesse inconsciamente intercettato una segreta catastrofe nella vita del suo maestro adorato e temuto? E questa catastrofe riguardava una castrazione reale? Appena mi misi a rileggere L’interpretazione dei sogni da questa prospettiva, mi convinsi che doveva essere proprio così. Ne parlai con Michele Ranchetti (uno dei pochi studiosi in Italia che aveva una vera conoscenza e frequentazione delle cose freudiane), il quale non ne fu punto sorpreso. Aveva da poco fatto tradurre due saggi di Albrecht Hirschmüller basati sulle cartelle cliniche di due pazienti di Freud ritrovate nell’ospedale di Kreuzlingen e in un caso si parlava proprio di castrazione. Ranchetti mi fissò allora un appuntamento con il Prof. Gerhard Fichtner, direttore dell’Istituto di Storia della Medicina dell’università di Tubinga e indiscussa autorità nel campo degli studi freudiani, per discutere della mia ipotesi, ossia che il giovane Freud fosse stato scioccato da un qualche caso di castrazione reale incontrato nel corso della sua prassi medica. Fichtner fu dapprima perplesso, poi, dopo un lungo silenzio, si alzò e disse: seguimi. In poco tempo riemerse dalla biblioteca sotterranea dell’istituto con un gran numero di libri e articoli medici in tedesco, tutti sulla castrazione delle donne e sulla circoncisione dei bambini (e bambine) nella seconda metà dell’Ottocento. A quel punto mi si spalancò davanti lo scenario che era stato sistematicamente cancellato da Freud e ignorato dagli storici della psicoanalisi.