Il volume è un resoconto toccante e oltremodo attuale del lavoro svolto da Gertrud Schwing, infermiera psicoanalista, prima in analisi e poi in supervisione con Paul.Federn, con pazienti “gravi” di sesso femminile ricoverate in una clinica universitaria.
Il contesto storico di allora (1937/38) relegava i pazienti psicotici e non solo, nelle istituzioni manicomiali con trattamenti prevalentemente di custodia e ben poche risorse in ambito farmacologico.
Quello che da subito colpisce nel lavoro di Gertrud Schwing è l’attenzione nei confronti dell’individuo che diventa il centro della cura: una riflessione attenta e accurata all’esperienza soggettiva.
Ci vengono presentate molteplici forme della sofferenza psicotica, con le loro differenze etiopatogenetiche, nosografiche e psicopatologiche.
Il lettore incontrerà la messa in opera di una relazione duale come tentativo indispensabile per cercare di comprendere e curare la follia; un avvicinarsi ad essa con rispetto e curiosità.
Colpiscono l’attento sguardo psicopatologico ma anche il tentativo di cimentarsi con questa o quella paziente, senza arrestarsi davanti al dilemma riguardante la trattabilità o possibilità di cura.
Dalla nuova prefazione di Tommaso Ferraresi
“Un documento profondamente umano di capacità professionale, conoscenza, intuizione e saggezza nell’approccio terapeutico al paziente schizofrenico” Frieda Fromm-Reichmann
“E negli ultimi tre anni del mio lavoro a Vienna ebbi una collaboratrice ideale nell’infermiera e psicoanalista svizzera Gertrud Schwing … aveva un talento, un’esperienza e una dedizione al suo lavoro del tutto eccezionali” Paul Federn
“Non conosco nessun libro che in maniera così semplice e commovente sia in grado di avvicinarci agli interrogativi irrisolti della vita psichica e sociale dell’uomo” Hans Christoffel
“Un’occasione straordinaria di ripercorrere un cammino che dalla storica psichiatria psicopatologica ci porta ai mutamenti innovativi culturali che hanno radicalmente trasformato il clima della cura e dell’assistenza al malato mentale” Simona Taccani